Vivono in 34 Cas e in una decina di strutture Sprar. I migranti assegnati ad appartamenti e case della provincia di Prato sono centinaia. Dove abitano esattamente? Cosa nascondono quelle sigle? Come funziona il famoso sistema dell’accoglienza di cui tutti parlano? Quali diritti e doveri hanno queste persone? Perché si parla di business delle cooperative? Cosa cambia con il decreto Sicurezza voluto dal vicepremier Matteo Salvini?

Dopo l’innalzamento di livello dell’inchiesta sul Consorzio Astir, un insieme di 22 cooperative che opera da leader nel territorio provinciale pratese, ci siamo chiesti come funzioni compiutamente l’accoglienza.

Le tappe

Si arriva su una barca, di cui le immagini a cui siamo abituati dicono tutto. Dopo un viaggio per salpare che mette paura solo a guardare la cartina geografica. Per non parlare delle eventuali, probabili, quasi certe violenze di ogni genere subite per raggiungere il carro bestiame umano galleggiante.

Si sbarca, per lo più, nel freddo della notte siciliana. Trasportati su un’altra barca al largo, poi condotti lentamente, in attesa della burocrazia del mare, sino al porto. Una procedura, quest’ultima, che può durare giorni.

Con hot spot si indica il nome di strutture temporanee, grosse tende o prefabbricati, dove i migranti appena scesi devono mettersi in fila per essere fotosegnalati e identificati. Trapani, Lampedusa, Pozzallo e Taranto sono i quattro principali hot spot italiani, gli unici sempre funzionanti. Pochissimi migranti hanno dei documenti, poiché vengono loro sequestrati nella prima parte del viaggio in Africa. Qui possono fare domanda di asilo e possono richiedere la protezione internazionale. Tutto tramite fogli precompilati. Ricevono in questo luogo le prime cure: quasi tutti ne hanno bisogno.

Dopo una prima valutazione, i migranti che fanno domanda di asilo vengono trasferiti  nei centri di prima accoglienza, dove sono trattenuti il tempo necessario per individuare una soluzione nella fase della seconda accoglienza: finiscono soprattutto nei ‘Cas’, i Centri di Accoglienza Straordinaria. Si tratta di appartamenti, casermoni, case coloniche, prefabbricati delle nostre città. Immobili che le cooperative possiedono o più spesso affittano allo scopo di partecipare ai bandi delle Prefetture, che assegnano l’assistenza di migranti sul territorio.

Funziona così. La prefettura fa un contratto con la cooperativa: la prima si impegna a versare denaro, la seconda a fornire un certo numero di servizi, pasti, assistenza, educazione obbligatori. Ogni coop dovrebbe seguire le regole del contratto, ogni prefettura ne decide le specifiche per il territorio.

A Prato ci sono molte cooperative, vicine a questo o a quel mondo culturale o politico. Astir ne raccoglie una ventina, quasi tutte assimilabili al nucleo delle ex “Coop bianche”, vicine alla tradizione (e orfane) della Democrazia Cristiana. Dunque, per gli amanti della geografia elettorale, in balia di un centro politico che in città ha oscillato fra le coalizioni di centrodestra e centrosinistra.

Ma il problema principale di questi Cas risiede proprio nella loro origine: in un sistema organizzato e pensato in due fasi, prima e seconda accoglienza, questi centri risultano essere ibridi in cui si possono trovare tutte le contraddizioni di un’ospitalità e di una “integrazione” sbagliata. Fatta spesso senza criterio e rispetto per chi ne usufruisce, a prescindere da qualsiasi valutazione sull’inchiesta in corso.

L’organizzazione di ieri e quella di domani

Il sistema di accoglienza era 'settato', sino a pochi giorni fa, su due livelli: prima accoglienza (gli hot spot) e seconda accoglienza, individuato nel Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati: lo ‘Sprar’. Questi Sprar erano i centri deputati all’inserimento dei migranti nel nostro territorio. Tuttavia le cose sono andate male. Gli Sprar hanno funzionato a singhiozzo, la gestione delle domande di asilo e protezione è lentissima. I Comuni italiani – non Prato – hanno fatto fatica ad accoglierli fra le loro mura, hanno messo i bastoni fra le ruote allo Stato in molti modi. Le domande che arrivavano erano migliaia in più rispetto alla disponibilità dei posti; così, all’inizio del 2015, sono stati introdotti i Cas. Questo strano incrocio rientra per lo Stato nella prima accoglienza. Ma praticamente, come tutti sappiamo, ha generato un’ospitalità di lunghissimo periodo. Dunque ha partorito spesso disfunzioni e mostruosità, a prescindere dal grande impegno che centinaia di operatori – professionisti, volontari formati -  hanno messo nella macchina. Astir avrebbe in tutto un migliaio di dipendenti.

Con l’arrivo del decreto ‘Sicurezza’ le cose cambiano. Anche se non si capisce che effetto possano avere sul territorio le nuove regole. Lo Sprar è stato rinominato ‘Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati’. Nome cacofonico e burocratese che esclude i richiedenti asilo dal nuovo sistema, che si rivolge solo a coloro che hanno già ottenuto una risposta positiva alla domanda di asilo. Dove finiscono i migranti? Gli sbarchi sono molto diminuiti, ma ce ne sono migliaia orfani della risposta della domanda d’asilo in giro per l’Italia. Anche a Prato. Si costruiranno altri centri con altri nomi per trattenerli o peggio detenerli? In attesa che i decreti attuativi chiariscano la vicenda le prefetture stilano liste nelle quali dividono chi ha diritto di stare nelle case affittate dalle cooperative e chi non ce l’ha più.

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