Chi non è mai stato a Potenza non può sapere che in proporzione lì ci sono il doppio dei laureati tra i 25 e i 30 anni rispetto a Prato. Non troppo lontano dalla Basilicata, qualche chilometro più su, c’è Teramo. Là invece ci sono il doppio delle di librerie di Prato, sempre in rapporto al numero di abitanti.

Il pregiudizio è un peccato dell’anima che si scopre lentamente; è dunque lecito sperare che i lettori del Sud non si fermino alle apparenze dei numeri, che non definiscano per questo Prato “una città ignorante”.

Ironie identitarie ed etichette a parte, è vero che Potenza e Teramo spiccano per valore in queste due graduatorie diffuse ieri dal Sole 24 ore. Ma è altrettanto vero che in questo paragone avrebbero potuto essere sostituite con qualsiasi altro capoluogo di provincia italiano. Praticamente in quasi tutti e 108 i casi, Prato sarebbe stata peggiore nella performance.

Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare. In altre classifiche pubblicate sulla stessa edizione del quotidiano economico, Prato può ben dire di non avere rivali: qui c’è infatti il più alto numero di imprese registrate ogni 100 abitanti (primato nazionale condiviso con Grosseto, che ha un territorio provinciale decisamente più vasto su cui spalmare il rapporto).

Dunque la città esce lentamente dalla crisi e se ci riprova, quando ci riprova, lo fa con gli strumenti che le sono propri: mettendo su ditta. E indebitandosi, soprattutto per comprare elettrodomestici, elettronica di consumo, mobili e computer. Le vertigini da primato nazionale infatti ci sono anche qui: la ‘spesa media in beni durevoli’ per le famiglie pratesi è di oltre 3 mila euro a nucleo. Nessuno sa far meglio.

È vero: ci sono molte più rapine che altrove e i progetti messi in campo dalla classe dirigente nel tentativo di trasformare Prato in un distretto green sono difficili da far digerire alla realtà come alle classifiche.

Quindi bassissimo consumo e misera specializzazione universitaria, alta propensione al rischio personale d’impresa, altissima volontà di indebitamento. La foto scattata, a prescindere da come l’altissimo numero di ‘stranieri pratesi’ incida nelle rilevazioni, pare quella di trent’anni fa. E la riflessione sul fatto che questo sia un bene o un male, facendosi seri, è affidata a chi legge.

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