Cosa succedeva a Prato nel sessantotto, mentre il mondo era in subbuglio? Quel vento di protesta soffiò anche sulla nostra città?
A 50 anni di distanza siamo andati a rileggere i giornali di quell’anno speciale. La città che ci viene descritta dalla cronaca dell’intero anno de La Nazione è un luogo straordinario: vivace, ambizioso, con tante luci ma anche tante ombre. Però con una gran voglia di progredire, in tutti i campi. Prato era una città di 140 mila abitanti, ma sognava di essere una metropoli. I temi affrontati dalla stampa dell’epoca sono gli stessi di oggi, incredibilmente: 50 anni di storia in cui sembra che ben poco sia cambiato.
Il mito della “bella Prato che fu” si smonta tra le pagine del giornale, ma c’è qualcosa che oggi la città ha perso: l’ambizione potente di non essere seconda a nessuno.
Si inizia a sognare la Provincia
È il 28 febbraio quando viene istituito il Tribunale di Prato: un grande riconoscimento per una città che sta crescendo velocemente. La campana di Palazzo Pretorio suona a festa, la città esulta. Il risultato positivo fa nascere in città nuove ambizioni: si inizia a lavorare per la costituzione della Camera di Commercio, le forze politiche si muovono coese per raggiungere il nuovo obiettivo. Anche la costituzione della Provincia non pare più così lontana: nel 1968 Pordenone lo diventerà e una delegazione pratese chiederà che la targa PO venga lasciata libera, in vista della costituzione della futura Provincia. La targa di Pordenone diventerà PD, ma Prato dovrà aspettare il 1993 per raggiungere l’obiettivo.
La politica tra PCI, DC e Associazione Industriali
Nel ’68 ci sono le elezioni politiche, dal risultato scontato in una città che ha chiaro il suo orientamento. Il responso delle urne è netto: alla Camera il PCI ottiene il 46%, la DC il 32%. Il confronto politico è sempre vivace: PCI. DC e Associazione Industriale dettano la direzione di una città che ha tanti obiettivi da raggiungere.
Il tessile e l'età dell'oro
La fine degli anni Sessanta hanno visto la locomotiva Prato correre a gran velocità: il primato nel tessile le era riconosciuto in tutto il mondo. Ma i pratesi erano anche competitori temibili: il 22 ottobre arrivò in città una commissione della CEE per una indagine sul tessile pratese decisa “a seguito delle misure di salvaguardia avanzate dalla Germania e dall’Olanda e più recentemente dalla Francia contro i tessuti cardati di Prato, accusati più o meno apertamente dai citati partner comunitari di concorrenza anormale nei confronti dei prodotti degli altri paesi”. Uno studio effettuato dai servizi tecnici comunitari aveva però sottolineato l’assoluta normalità della concorrenza dei tessuti pratesi attribuibile a motivi strettamente tecnici.
Ma non sono finiti qui i guai per il tessile pratese, che già all’epoca lamentava di essere in crisi. Gli USA decisero di avanzare una proposta di aumento delle tariffe doganali per i prodotti importati di misto lana, una misura che avrebbe messo fuori combattimento l’export pratese, dal momento che il 20% delle esportazioni del distretto erano destinate agli Stati Uniti. Ma all’epoca gli Stati Uniti esportavano a Prato 6 milioni di dollari all’anno di stracci di lana, una cifra non indifferente. I pratesi minacciarono contromisure: non importiamo se non ci viene permesso di esportare. Anche il presidente Johnson in persona si espresse sul problema, che alla fine terminò con un correttivo che fu apportato in sede di applicazione delle tariffe doganali. Il Governo italiano non abbandonò Prato, che evidentemente aveva un peso notevole nell’economia del paese.
Di lavoro si muore
Non mancano gli incidenti sul lavoro: tanti e non solo nel tessile. “Maciullata una mano”, recita più volte la cronaca cittadina. Ma ci sono anche incidenti in altri settori, soprattutto nell’edilizia. E non mancano incidenti che coinvolgono minori: una ragazzina di 12 anni si ferisce gravemente a un telaio: stava imparando il mestiere.
Prato città poco sicura
Non si può certo dire che Prato fosse una città sicura nel 1968: la cronaca è piena del racconto di furti a danni di appartamenti e aziende. Si rubano opere d’arte, tessuti, materie prime. In molti casi si tratta di colpi seriali: ci sono la “Banda del tessuto”, la “Banda dell’oro”, il “Rapinatore solitario”. La cronaca racconta di aggressioni a donne (tante), anche all’interno della famiglia; c’è anche una sparatoria in piazza Mercatale. La movida non manca: “Servizi speciali della Pubblica Sicurezza per limitare la vita notturna”, titola il quotidiano a novembre.
Le infrastrutture di una città moderna
Le ambizioni dei pratesi sono tante, ma per essere una città moderna, come quelle che gli imprenditori sono abituati a visitare per lavoro, a Prato mancano le infrastrutture. Nel 1968 viene aperta la declassata e viene istituita la dogana, ma per gli imprenditori non è abbastanza. Si prepara uno studio di fattibilità per la realizzazione della bretella Prato-Livorno e si fanno pressioni per la realizzazione del casello Prato Ovest.
Ma è l’aeroporto a preoccupare: mentre viene approvato lo statuto della società pubblico-privata che dovrà realizzare l’aeroporto a San Giorgio a Colonica, una parte della città propose di realizzare una monorotaia veloce per collegare Firenze e l’aeroporto di Pisa.
I problemi idrici sono all’ordine del giorno: non c’è abbastanza acqua per una industria che continua a crescere. Gli imprenditori non stanno fermi a guardare e il lanificio Baldassini mette in funzione un “interessante impianto di depurazione per sfruttare le acque industriali”.
Tra strade e gore
È a novembre del 1968 che a Prato viene istituita l’isola pedonale, poco prima delle feste. Prato vuole creare la sua passeggiata per il centro storico, come ogni grande città che si rispetti. Fuori dalle mura la città è molto diversa: ci sono tanti campi, quartieri in costruzione, le gore sono ancora aperte e causano anche diversi incidenti. A giugno ci sarà anche un uomo che morirà affogato nella gora in via Ferrucci. Difficile immaginare oggi una città così. Il Bisenzio non veniva considerato come uno spazio vivibile e ci sono numerose proteste per la numerosa quantità di rifiuti che vengono gettati lungo le sponde.
Il Metastasio e l'ambizione dello Stabile
Per essere una città all’altezza delle sue aspettative, Prato ha bisogno di uno spazio culturale di alto livello. Il Teatro Metastasio è al centro del dibattito quasi quotidiano: c’è una grande attenzione al teatro, a quello che succede in quello spazio che deve portare Prato alla ribalta del palcoscenico, in ogni senso. La stagione 1967/68 si chiude con un incremento di 9 mila spettatori, dopo aver ospitato Dario Fo e tutti gli spettacoli più importanti a livello nazionale. La stagione si apre con “Quella specie di cancro” di Umberto Cecchi, con la regia di Paolo Magelli, che diversi anni dopo diventeranno presidente e direttore del teatro. Sempre più forti sono le spinte della città che vuole ottenere il riconoscimento di Teatro Stabile. Il 31 dicembre debutta in prima nazionale a Prato “2+2 non fa più quattro” con la regia di Franco Zeffirelli e interpretato da Giancarlo Giannini. Sul teatro Metastasio sono puntati gli occhi di tutto il mondo culturale italiano.
Grande attenzione anche ai giovani e alla musica: per il Settembre Pratese allo stadio arrivano i concerti di Patty Prato, Rino Gaetano e Gianni Morandi. Prato non si fa mancare nemmeno il cinema: tra il centro storico e Villa Fiorita viene girato “Per salvare la faccia” di Rossano Bravi, con Nino Castelnuovo. Sarà un flop.
La ferita dei Celestini
Nell’autunno del ’68 si svolge il processo ai Celestini: gli occhi della stampa sono puntati sulla città. Sono oltre 200 i testimoni che raccontano gli abusi subiti all’interno dell’orfanotrofio chiuso nel 1965: maltrattamenti, denutrizione, punizioni di ogni tipo, sudditanza psicologica. Il quadro che emerge è tremendo, sulla stampa nazionale sono numerosi gli attacchi ai pratesi che non potevano non sapere quello che accadeva in quell’edificio e a quei bambini. Il processo si concluse con la condanna in primo grado per sei persone, ma la ferita rimase aperta. Dopo un forte attacco ai pratesi lanciato da un quotidiano nazionale, La Nazione titolò "Una città senza rimorsi”. Ma sono in tanti a non sentirsi convinti di questa affermazione.
Il Prato Calcio fa già soffrire
“Prato-handicap si è ritrovato nel fango”: titolava La Nazione nel mese di ottobre; oppure “I primati negativi dell’AC Prato”. Il Prato Calcio è sempre nella bufera, la squadra continua ad inanellare sconfitte e soprattutto non trova una guida soddisfacente. Le ambizioni dei pratesi nel calcio non possono essere soddisfatte, ma ci sono molti altri sport che venivano praticati a Prato con grande successo: ciclismo, ginnastica, sub, pesca. Nel 1968 la città ha ospitato il Gran Premio Ciclistico Internazionale Femminile.
Lo sguardo rivolto all'esterno
Il mondo è in fermento e i pratesi non se lo dimenticano: arrivano in consiglio comunale ordini del giorno di solidarietà in seguito all’assassinio del presidente Kennedy, fioriscono dibattiti in seguito all’invasione della Cecoslovacchia. Si raccoglie il sangue per i militari in Vietnam, in mezzo alle contestazioni degli studenti che quella guerra non la vogliono. Quando al cinema Eden viene trasmesso “I berretti verdi”, il film di John Wayne accusato di essere guerrafondaio, viene lanciato un allarme bomba e la sala viene fatta evacuare. Anche nel 1968 Prato ha i suoi profughi: sono 500 siciliani che arrivano dal Belice in seguito al terremoto, che vengono accolti in città e ospitati dalle associazioni e dalle famiglie.
E la contestazione?
I ragazzi delle scuole superiori manifestarono in massa, soprattutto nei mesi di ottobre e novembre, quando in tutta l’Italia gli studenti erano in rivolta. Volevano un sistema scolastico diverso, meno ingessato, più stimolante, chiedevano una scuola che li aiutasse a diventare cittadini consapevoli. I primi a scendere in piazza furono gli studenti del Cicognini, che manifestarono anche per avere un liceo scientifico autonomo. Ma poi si unirono tutti: Datini, Buzzi, Dagomari. Dal liceo classico Cicognini arrivò anche una novità rivoluzionaria, che accenderà il dibattito in città: venne riconosciuto agli studenti il diritto a riunirsi in assemblea durante l’orario scolastico anche per confrontarsi su fatti esterni alla vita scolastica. Gli insegnanti furono attaccati per questa loro decisione, ma l’aria del cambiamento soffiava anche in città, nonostante la stampa certo non amasse i contestatori. Fioriscono titoli dove ci si riferisce a “capelloni”, oppure “Fanno le bizze i bambini del PCI”, “la contestazione anche tra i Pierini”. La protesta culminerà in Versilia, di fronte alla Bussola, la notte di Capodanno, con una manifestazione alla quale hanno preso parte anche tanti pratesi e che culmino con un violento scontro con la polizia causando anche un grave ferito.
Quando sul Sessantotto scende il sipario, la città è in fermento, ma coesa. Sembra che tutti si muovano nella stessa direzione, forze politiche e sociali. I lavoro è il collante di una società che guarda al futuro, ma i pratesi hanno capito che non si vive di solo lavoro. Cos’è Prato? “Prato, secolare culla di operosità, sintesi di intelligenza creatrice, faro di luce nel mondo del lavoro”, scrive La Nazione in un articolo di fondo. Sicuramente un luogo sorprendente.
di Silvia Gambi