Sarà la campana di Palazzo Pretorio “La Risorta” a suonare alle 8 del mattino come ogni 6 settembre da 75 anni, per ricordare la Liberazione di Prato dai nazifascisti, dando inizio a una giornata speciale, che ogni anno la città ricorda con grande coinvolgimento. Prato non vuole dimenticare quel giorno storico e doloroso del 1944, vissuto tra la gioia della Liberazione dai nazifascisti e il dolore per la strage dei 29 Martiri di Figline. E proprio a Figline terminerà la giornata, con la fiaccolata e la deposizione della corona d’alloro al monumento dei partigiani e con il consueto brindisi della Liberazione al Circolo del paese. Si torna con la memoria a una strage che ancora oggi ci lascia tanti interrogativi, che la storia non è riuscita a chiarire. Nella notte tra i 5 il 6 settembre, quando ormai Prato stava per essere liberata dalle truppe alleate, i partigiani della Brigata Buricchi scesero dai Faggi di Javello per partecipare alla liberazione della città. C’era entusiasmo in quei giovani, pronti a festeggiare la fine di un incubo, ma le cose non andarono come previsto. A Pacciana i partigiani incontrarono i tedeschi in ritirata e ci fu un conflitto a fuoco. Furono catturati in 30 e, forse dopo un processo sommario, furono impiccati a Figline, nel centro del paese. Uno di loro riuscì a fuggire, ma 29 persero la vita proprio lo stesso giorno in cui per la città di fatto finiva la guerra, un ultimo gesto di crudeltà al termine di una occupazione che a Prato era stata particolarmente pesante. Nonostante siano trascorsi 75 anni, restano un mistero i fatti che portarono alla cattura dei partigiani. «Si parlò di una guida che non si era presentata, di un agguato in piena regola e del fatto che i soldati tedeschi conoscessero i movimenti dei partigiani. Ma niente è stato accertato, queste domande sono rimaste senza risposta», commenta Camilla Brunelli, direttrice del Museo della Deportazione e della Resistenza. Nemmeno il processo terminato nel 2005, dopo l’apertura del cosiddetto Armadio della Vergogna, è riuscito a fare chiarezza. La strage resta di fatto impunita: il processo individuò nel maggiore Karl Laqua, della 334ma Divisione di Fanteria della Wehrmacht, il responsabile della strage, ma il fascicolo venne archiviato per presunta morte dell’imputato, essendo l’ufficiale nazista nato nel 1903. La mattina del 6 settembre 1944 il Comitato di Liberazione Nazionale nominò la giunta comunale e Prato fu finalmente liberata. Bisognerà aspettare ancora un paio di settimane prima che tutta la provincia venga abbandonata dall’esercito tedesco, che durante la ritirata non risparmiò altri gesti di crudeltà. Ma la strage dei Martiri di Figline resta uno degli episodi più sanguinosi della storia della Seconda Guerra Mondiale a Prato, messo a segno dai nazisti forti della “clausola dell’impunità” in base alla quale fu fornita copertura giuridica a qualsiasi eccesso compiuto durante le azioni contro i partigiani. Come sempre, l’ANPI e il Museo della Deportazione e della Resistenza organizzano gli appuntamenti della rassegna “Aspettando il 6 settembre”. Il 3 settembre verrà proiettato il film “Madiba” di Gabriele Cecconi, seguito da un dibattito con don Massimo Biancalani. Il 5 ci sarà la presentazione del libro “Bella ciao” di Carlo Pestelli, un saggio dedicato a una delle canzoni più note al mondo, ovunque sinonimo di liberà e di lotta all’oppressore.  

Foto: Partigiani pratesi (3 settembre 1944)

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