“No! Questi per lungo, fermiamoci prima della finestra!”. Si alza una voce che dà istruzioni. Un ordine che deve sovrastare il suono della campana del Duomo che sta suonando, per arrivare all’altro capo della via, dove i camerieri ascoltano. Alle sei e mezza di ogni pomeriggio il centro storico cambia faccia.
Il personale dei ristoranti, assieme a quello dei locali che serviranno cocktail dall’aperitivo fino a notte fonda, dà seguito al rito del montaggio dei tavolini. Scompaiono le auto, piazza Santa Maria delle Carceri si popola delle scorribande dei bambini che si riuniscono in gruppetti, guardati a vista dai loro genitori sul ciglio del Castello dell’Imperatore: chi saluta perché parte, chi si rallegra di un ritorno dalle vacanze. Sono i minuti di confine, tra le coppiette che si tengono la mano a ridosso delle mura del giardino Buonamici e i ragazzi che aspettano cali la sera per mollare il freno degli obblighi. Prato non è più la città operaia dell’Età dell’oro, ma i suoi figli hanno ereditato la cultura dell’operosità: non ci sono tempi morti. In un luogo che vede spesso contrapposta la sua parte storica a Chinatown o alle sue tante periferie ‘autonome’ – da Galciana a Vergaio, da Iolo a San Paolo – il centro è divenuto davvero il centro: la sera arrivano qui dalle frazioni, dalla provincia, persino da Pistoia e da Firenze. Delle signore distinte mangiano silenziosamente accanto a comitive sguaiate senza indignarsi. È il ritmo della provincia: passa un assessore, un richiedente asilo in biciletta, un parroco, un tossico, tutti salutano tutti.
La cena è un enorme aperitivo della notte, che mischia la tranquillità delle famiglie alle attese dei ragazzi. Poco più in là un gruppetto al riparo da molti sguardi – ma non da quelli dei balconi ai piani alti - fuma eroina a ridosso dei palazzi in costruzione fuori da Porta Santa Trinita. Sono le 22: un giovanotto allunga la dose di cocaina – ‘un pezzo’, come si dice in gergo per descrivere il grammo molto scarso di sostanza che viene ceduto al prezzo di 50 euro – ad un altro giovanissimo che passa con la sua auto in piazza mercatale: un finestrino elettrico che si abbassa, un fischio, due mani che si sfiorano.
Da quel momento nei vuoti (le parti poco illuminate delle piazze principali ndr) come nelle strade crocevia della movida che pullulano di persone (da via Setteseoldi sino a via Garibaldi passando da via Pugliesi, corso Mazzoni e corso Santa Trinita lambendo piazza del Comune ndr) lo spaccio e il consumo di droga sono il filo conduttore delle tensioni che attraversano il centro. Non c’è un cambio di scenario fisico, come quello che era avvenuto nel momento della pedonalizzazione nella parte finale del pomeriggio, la convivialità positiva e il suo lato criminale si mischiano in quella stessa foto.
La spedizione punitiva di un gruppo di spacciatori al locale ‘Pinchos’ delle scorse settimane, le risse fra bande rivali dell’inverno in quella stessa via, le questioni di “irrequietezza della clientela” che hanno costretto alcuni locali a dotarsi di addetti alla sicurezza privatamente: tutti gli attori cittadini ci tengono a spiegare che “si tratta di episodi diversi e scollegati”. Ma ciascuna delle vicende, a ben guardare, è accomunata dalle conseguenze dell'enorme mercato di droga a cielo aperto del centro. Un dramma che di fronte agli episodi acuti e violenti rimane in sottofondo, che viene derubricato perché pare riguardare l’intera società, dunque nessuno in particolare.
Tra chi è sempre stato qui c’è la sensazione che tutto sia successo troppo in fretta. La città si è trovata in pochi anni a fare i conti con una geografia del divertimento che ha superato i confini della tolleranza silenziosa – di residenti e proprietari dei locali – per sfociare nell’allarmismo riguardo ai suoi effetti distorsivi. Solo dieci anni fa, nel 2010, nella Prato stordita dalla crisi economica del distretto tessile, la sera i giovani si riversavano ancora su Firenze e Pistoia. All’interno delle mura c’erano solo un’enoteca e due o tre birrerie. Oggi, nello stesso spazio, sono almeno trenta. Una progressione che ha assecondato la sana riappropriazione del centro città da parte dei suoi cittadini, ma anche una mutazione con un prezzo da pagare. E il conto, negli ultimi mesi, sembra venga presentato a tutte le componenti cittadine sempre più spesso. (In modo non diverso da come il fenomeno eroina portò Prato alla ribalta nazionale tra il 2015 e il 2016 ndr).
Alle 23, per arrivare da un capo all’altro del centro, ci si può mettere anche un’ora - fatta eccezione per le settimane centrali d'agosto. Nelle sere di grande “pigio” (come dicono i pratesi per descrivere l’alta densità di frequentazione), il giovedì d’estate e il weekend nelle altre stagioni, i problemi di criminalità, paradossalmente, diminuiscono. Il serpentone di folla ha un effetto anestetizzante sui movimenti veloci, che sono il principio fondamentale dello spaccio. Al contrario, in tutte le altre sere – ovvero nella maggior parte dell’anno e della settimana – le vie si popolano di una frequentazione massiccia ma diffusa: si scorgono i gruppi che distintamente si ritrovano di fronte a ciascuno dei locali. E si vedono bene loro, gli spacciatori, stare fermi ad attendere i clienti o fare la spola con la base. Negli ultimi mesi sfrecciano sui monopattini da una porta storica della città all’altra, facendo la spola e raggiungendo in maniera ancora più repentina il nascondiglio della roba, chi ha eseguito l’ordine, chi ha chiesto la merce, chi deve pagare.
E i numeri raccontano una parte di questa storia. Prato è tra lecittà più giovani d’Italia, ha una delle maggiori incidenze di under 25 sull’intera popolazione (che con circa 200 mila abitanti costituisce la seconda città della Toscana e la terza del Centro Italia), oltre che essere capoluogo della provincia con la maggiore incidenza in Italia della percentuale degli stranieri nati qui (sono il 20%). Dunque un posto popoloso, con tanti giovani, molti stranieri e una spiccata propulsione anche imprenditoriale. E tantissima droga. Il SerD di Prato ha oggi in cura 2220 persone, per lo più giovanissimi, di cui un migliaio di tossicodipendenti (dati forniti da Ausl Toscana Centro).
Tuttavia le conseguenze dirette del consumo sono in quest’ottica quasi secondarie, almeno rispetto alle dinamiche di microcriminalità organizzata che crea lo spaccio. Le risse, gli agguati per vendetta, gli schiamazzi. Nessuna disfunzione, se non quella del chiasso che subiscono i residenti nelle ore più tarde, appare come frutto diretto della cosiddetta ‘movida’.
Un aspetto su cui si è molto spesa la giunta comunale guidata da Matteo Biffoni, che certamente è interessata al fatto che i due fenomeni rimangano separati, anche perché ha scommesso parte del proprio racconto politico sulla “rinascita del centro storico”. Non pare però pensarla così la Questura, che nelle riunioni degli ultimi giorni, analizzando gli eventi, aveva messo l’accento sui numeri dei tavolini dei locali, oltre che sull’accessibilità al centro per le volanti della polizia che devono intervenire. Vale la pena ricordare che in altre circostanze il sindaco Biffoni ha chiesto le dimissioni del Questore Alessio Cesareo, quindi non corre certo buon sangue fra i due. Anche se lo spirito con cui queste due entità intervengono – sotto la supervisione della Prefettura – è quello di una “proficua collaborazione”, è innegabile che ciascuno provi ad affidare all’altro la responsabilità dei problemi. Se è vero che si tratta di una questione organizzativa degli spazi non sarà sufficiente il progetto che l’amministrazione comunale ha intenzione di mettere in campo con il piano “notti di qualità” (se ne parla da un anno e più ndr) che si doterà di steward e spazi di decompressione per far fluire la folla nella notte. Se è vero, al contrario, che si tratta soprattutto di un problema di ordine pubblico, sarà necessario combattere con maggiore efficacia la rete di spaccio a cielo aperto che monta e smonta i suoi turni agli stessi ritmi del cambio di scenario serale di Prato. Una battaglia difficile da combattere, dato che l’esercito delle forze dell’ordine notturno qui può contare su una ventina di uomini che tra Polizia e Carabinieri devono occuparsi di un’intera città. Ogni notte.