Uno storico "rivenditore" pratese racconta com'è cambiato il mercato della canapa

Fiero popolo dell’erba legale, sappiate che esistete solamente perché sono esistiti ed esistono i consumatori di erba illegale: quella vera. Il manifesto di chi la consuma suona più o meno così. Ed è perfettamente in armonia con le parole di chi quell’erba la vende, nel tentativo perpetuo di trovare il glorioso equilibrio tra la (ri)fornitura di un servizio – profittevole – che crei un beneficio a chi la compra e la fuga dall’autorità costituita, dunque dalle manette. Per questo motivo le parole che seguono, frutto di un incontro che tenta di far luce sul caso con un’intervista diretta, non possono contenere riferimenti specifici di alcun tipo a chi le ha pronunciate. Premessa ovvia ma doverosa, che chiede al lettore la stessa fiducia domandata da chi si è messo in gioco per portarla sino a queste pagine. L’intervistato vende droga leggera a Prato da molto tempo. Con una clientela fissa radicata, di varie età ed estrazioni sociali. Non si sente una spacciatrice o uno spacciatore (a seconda del sesso che immaginate possa avere la persona che immaginate), «perché lo spacciatore o la spacciatrice sono quelli che vanno a cercare il cliente, mentre io aspetto che vengano da me». E mette in chiaro cosa significa dal punto vista commerciale il business della marijuana legale: «Io ho perso circa il 20% dei miei clienti». Fornire un identikit della sua clientela è pericoloso. Ma è possibile fare il gioco opposto: capire chi sono i clienti che ha perso, quelli passati all’erba con il Thc depotenziato e dentro i limiti di legge. «Sono i fumatori della domenica», dice la fonte con un sorriso sardonico. Poi si spinge in una personale e calzante descrizione. «La marijuana legale la usano i nostalgici: quelli che andavano anche ad Amsterdam nei primi Duemila, che ora hanno il mutuo e le preoccupazioni, che vogliono sentire il sapore dello sballo perché non se lo possono permettere psicologicamente. Trenta-quarantenni. Quelli che hanno smesso da qualche tempo per via di episodi che collegano ad ansie e palpitazioni». Nel suo pensiero non c’è condanna, forse un briciolo di commiserazione.

Altre considerazioni importanti: il prezzo del cbd sarebbe ingiustificatamente troppo alto. «È una palese trovata di mercato, perché costa come la vera gangia, ma per produrla ci vogliono solo 30 centesimi al grammo». Sui prezzi c’è da credergli. Specifica poi che tendenzialmente, sempre dal suo livello di osservazione privilegiato, “l’erba vera” che arriva in città «si coltiva in Spagna e Olanda ed è per lo più piantata – dunque venduta all’ingrosso – da italiani che la coltivano là». Un business di italiani per italiani, che passa dai Paesi dove le maglie legislative e repressive sulla coltivazione sono più larghe. Rimangono almeno due quesiti importanti. Il primo: ma non ti senti di oliare la macchina delle organizzazioni criminali con la tua attività? «No». Il secondo: non hai paura quando vai a prendere o trasporti grossi carichi? «Sì, sempre. Per farlo rischiando il meno possibile cerco di scegliere i momenti migliori: la mattina, di festa, meglio se con la pioggia». C’è da scommettere che questo, almeno questo, l’abbia detto solo per depistare l’autorità.

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