Parli di femminismo e immediatamente si registra fastidio, e non solo negli uomini: è un termine che rimanda immagini stereotipate che nella maggioranza dei casi hanno una connotazione negativa, anche se parliamo di un movimento che ha cambiato il volto dell’Italia.

Non ha paura di usare questa parola scomoda Cristiana Perrella, da un anno direttrice del Centro Pecci, che su questo tema ha deciso di lavorare nei prossimi mesi. «Rivendico l’uso della parola femminista, perché dobbiamo riscoprire la forza che la partecipazione femminile può avere nel cambiare le cose, soprattutto adesso che stiamo attraversando un momento di regressione preoccupante quando si parla di diritti delle donne».

Un’affermazione rivoluzionaria in un'istituzione culturale che fino ad oggi la cultura femminile l’ha considerata poco, specchio di una società impegnata nel tenere al margine della scena culturale le donne. Il Centro Pecci ha appena compiuto trent’anni, una storia complessa, che viene raccontata all’interno del museo con un allestimento che ripercorre questo lungo lavoro. Sui 1558 artisti che sono stati messi in mostra in trent’anni di attività, solo nel 20 per cento dei casi si è trattato di artiste donne. Sono state 91 le mostre organizzate: 49 sono state delle collettive, 42 di artisti uomini e nessuna di artiste donne. Zero, proprio così.

Una mancanza alla quale Cristiana Perrella ha voluto porre rimedio con due mostre al femminile che saranno visitabili fino a marzo. “Triumph”, di Alexandra Mir, è un’opera gigantesca, che ha un forte impatto, donata dall'artista al Centro Pecci. E poi “Soggetto nomade: identità femminile attraverso gli scatti di 5 fotografe italiane”, che indaga il tema della femminilità, del femminismo e dell’identità queer. Due mostre che segnano anche l’inizio di un lavoro che non si ferma qui: «Voglio continuare a lavorare su questi temi, perché credo che siano di grande attualità. E non per pareggiare i conti, ma semplicemente per aprire il museo a voci diverse, perché il ruolo di un centro culturale è quello di difendere la complessità, senza fornire risposte ma piuttosto stimolando il pubblico a farsi delle domande».

Foto Serena Gallorini

Uno spazio aperto, un luogo di incontro, un posto dove condividere esperienze: questo è il Centro Pecci che sogna la direttrice. «Il Centro deve tornare a connettersi con il territorio in maniera forte: quando in una città nasce un museo, la struttura diventa un hub intorno al quale si aprono attività affini, che arricchiscono anche il museo. Qua non è successo: fuori dal museo la città non è cambiata, non c’è nemmeno una libreria. Il mio impegno è quello di fare in modo che si venga al Pecci per motivi diversi, per fare attività diverse, che diventi un posto centrale sulla mappa della città». Il cinema, gli incontri tematici, le performance, il bar: sono tutte scelte che prendono forma da questa strategia. Nelle prossime settimane riaprirà al pubblico anche la biblioteca, che resterà aperta dal lunedì al venerdì, mentre la direttrice pensa anche a uno spazio per la didattica, in linea con gli spazi educativi che ormai hanno tutti i musei importanti, per avvicinare all’arte le nuove generazioni.

Foto Serena Gallorini

«Prato è un laboratorio straordinario, una città multiculturale con una forte polarizzazione tra ricchi e poveri: la cultura ha un ruolo fondamentale, deve stimolare, e il Centro Pecci può essere uno strumento di cambiamento - aggiunge Cristiana Perrella, con quella lucidità che solo una persona che vede un posto senza preconcetti può riuscire ad avere. D’altra parte lei Prato la conosce poco, ma ha ben chiara qual è la sfida che la aspetta. «Le realtà culturali più interessanti sono quelle che si misurano con il territorio. A Prato ci sono artisti interessanti, ma sicuramente non si sono formati grazie al Pecci, quel ruolo il centro negli anni non l’ha svolto. Non è riuscito a contaminare il territorio».

Non sarà facile ricostruire un rapporto tra il Centro Pecci e la città, dopo anni di disattenzione reciproca. E non è sui grandi nomi dell’arte che Cristina Perrella ha deciso di puntare per affermare il ruolo del museo nel panorama nazionale. Per quelli non ci sono le risorse e probabilmente nemmeno il pubblico: il Pecci nella sua storia ha ospitato anche delle star dell’arte, ma alla fine la città ha sempre percepito il centro così come ci ricorda l’opera di Nio: un’astronave che arriva da un paese lontano, diversa da quello che gli sta intorno. Ma con il tempo, quella struttura dorata è entrata a far parte dello skyline cittadino. Adesso che le porte del Centro sono sempre più aperte ci saranno anche più occasioni per visitarlo e chissà che le donne non possano essere la spinta decisiva per questo nuovo corso.

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