Sono le 23 e 13 di domenica 24 marzo e stiamo giocando ad "Acchiappa la Talpa". Non so se avete presente questo gioco: s'impugna un martelletto di gomma e ci si posiziona di fronte al tabellone dal quale spuntano le teste di sette o otto talpe. Quando una delle teste si accende, la devi colpire. E così all'infinito, sempre più veloce, finché non ce la fai più. Stiamo martellando come forsennati quando di colpo ci appare chiaro che la nostra resistenza fisica è arrivata al limite. Quindi posiamo i martelletti e prima di alzarci dalla sedia diamo un ultimo sguardo al nostro tabellone: 52 pagine dalle quali nelle ultime due ore sono spuntati decine di refusi che abbiamo martellato ben bene. Siamo anche soddisfatti, ma la soddisfazione dura poco: quei maledetti torneranno a mettere la testa fuori tra qualche giorno, quando il numero sarà andato in stampa e noi non potremo più martellarli come meritano.

Questa è l'ultima scena di un film che si ripete tutti i mesi da quando Quaderno Pratese ha cominciato le pubblicazioni. Un film che dura circa venti giorni e che si articola in una piccola  ma variegata serie di sequenze ognuna diversa dall’altra.

Ogni nuovo numero comincia con il caos, e questo quinto numero che tenete tra le mani lo conosce meglio di qualsiasi altro. È un rischio che si deve correre, quello di lavorare una settimana intera su qualcosa che poi non finirà sul giornale o mensile che sia. Ogni numero di QP, dicevo, comincia con una situazione fuori dagli schemi, che poi è una riunione di persone disposte in circolo che parlano liberamente di qualsiasi argomento passi loro per la testa e, soprattutto, reputino così valido da poter finire sulla rivista. In altri contesti più ingessati, questo viene chiamato riunione di redazione. Nel caso della rivista che avete scelto di leggere è un po’ diverso.

Qualcuno porta da mangiare e da bere, c’è un po’ di salutare caciara, si condivide un po’ di vita privata ma soprattutto ognuno deve fare i conti con qualche tipo di fretta, con qualche tipo di appuntamento o di lavoro da terminare. Sicché dopo un’oretta tutti cominciano a scalpitare. Allora si prendono gli ultimi appunti, si stilano liste, si fanno ipotesi e poi ognuno se ne torna da dove è venuto con un’idea abbastanza precisa su quello che saranno i temi del futuro numero di Quaderno Pratese. Solo che mica va sempre così. Succede che a volte gli impegni, la cronaca cittadina o più in generale i temi che vengono dibattuti in città si mettano di traverso e complichino inevitabilmente le cose. Nell’economia di una rivista di approfondimento come vuole essere QP, il tempo speso per seguire un argomento, studiare i dati che lo accompagnano e ascoltare le persone che lo conoscono si sommano a quelli spesi per tutto il resto della propria vita privata e lavorativa. Perché, di fatto, questa è una rivista scritta, concepita e disegnata da sei freelance con una grande passione per il giornalismo, la carta e la propria città.

Una lunga digressione per arrivare a dire che questo mese è andata proprio così.

Ci siamo complicati la vita, abbiamo scritto e cestinato, ripreso dal cestino quello che avevamo scritto e poco dopo ricestinato tutto di nuovo. Due, tre, quattro volte in venti giorni. Alcuni di noi, mentre state leggendo, ancora si devono riprendere dallo stress, che poi alcuni indicano come uno dei rischi del mestiere quando lo stai facendo bene. Ma questo è un altro discorso. La verità, quella nuda e cruda, è che avevamo dei programmi che la realtà pratese ha fatto di tutto per disintegrare. Non c’è riuscita del tutto, e ora capirete perché.

Il mese appena trascorso è stato entusiasmante come solo può esserlo quello di un mensile che si sforza di servire spunti sempre interessanti e si ritrova imbrigliato nelle tempistiche della politica, nei fatti della cronaca e nella necessità di andare in stampa.

Questo numero cinque è dedicato infatti ai quattordicenni della nostra città, a quei ragazzi e a quelle ragazze che quest’anno si sono trovati di fronte la prima vera scelta della loro vita. Abbiamo ascoltato i loro sogni e le loro ambizioni, analizzato le loro scelte e riflettuto sulla loro condizione di ‘perenni connessi’ proprio mentre scoppiava lo scandalo della donna pratese che ha avuto un figlio da un adolescente della loro stessa età. Un fatto di cronaca che ha superato anche i confini nazionali e che, per quanto laterale al nostro tema, ci ha spinto con maggiore convinzione ad indagare questa piccola nicchia di adulti del futuro. Che tra cinque anni, nel 2024, saranno tra l’altro chiamati a votare per il governo della propria città, un’altra prima scelta che chissà quali opzioni sarà in grado di offrir loro. Un’incognita che in parte stiamo vivendo anche noi oggi, visto che al momento della chiusura di questo numero il centrodestra cittadino non ha ancora ufficializzato il volto che correrà alle elezioni del 26 maggio. Speriamo che nel tragitto di QP dalla tipografia alle vostre case questa annotazione sia diventata obsoleta e che il dibattito elettorale sia finalmente cominciato come meritano gli abitanti della città di Prato.

Infine, tra le tante altre cose, il numero 5 racconta una piccola grande storia sulla Liberazione. Giusto una manciata di ricordi raccolti e fermati prima che svaniscano, capaci nonostante questo di lasciar intendere tutto l’orrore della guerra d’occupazione e anche tutta la gioia per la sua conclusione e per la vita che ricomincia in  pienezza. Una storia che più o meno esplicitamente ne ha richiamata un'altra di più stretta attualità. Nei giorni precedenti alla chiusura del questo numero Prato è tornata di nuovo su tutti i quotidiani italiani per le polemiche sulla manifestazione concessa e poi trasformata in presidio di Forza Nuova. La mobilitazione contro il presidio è stata imponente, trasformando la contromanifestazione di piazza delle Carceri in una grande festa che abbiamo voluto raccontare in extremis e a modo nostro sul nuovo numero.

Riposti i martelletti di gomma, abbiamo scoperto di aver chiuso il numero cinque con una settimana di ritardo sulla data prevista a tavolino. Ma d’altronde lo sforzo di raccontare al meglio la nostra città non può rispettare fredde decisioni aziendali o dimenticare eventi così importanti.

E sì, questo articolo è l'intro del nuovo numero che non è riuscito a finire sul nuovo numero.

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