Una campagna elettorale giocata al ribasso dei contenuti e delle prospettive, questa è stata quella del 2019 a Prato. Da una parte il centrodestra sfidante, che partito in ritardo dopo una lacerante guerra interna intorno al candidato, non è riuscito a proporre un progetto, un'idea di sviluppo, una prospettiva alternativa ai pratesi. Anzi, qualcosa l'ha proposta, sulla falsariga della strategia nazionale leghista: una critica costante e mortifera all'operato della prima giunta Biffoni, e più si avvicinavano le urne e più i toni diventavano polemici, fino al disegno finale di una città completamente invivibile, depressa, satura di miasmi morali e culturali che probabilmente ha finito per scoraggiare anche i suoi stessi elettori. Dall'altra invece il sindaco uscente, che ha badato poco alle promesse e ai progetti - c'erano quelli in corso a fare da testimoni - e ha puntato tutto sul sentimento e sul far sentire i pratesi in movimento come una cosa sola.

Ma il parco dei vincitori e dei vinti è molto più variegato di quello che potrebbe sembrare.

Chi ha vinto

Ha vinto un'idea di futuro. L'unica in gioco: l'idea di una città che dopo tanta fatica ha ripreso a muoversi e adesso non ha alcuna intenzione di fermarsi di nuovo, anche se la strada non è sempre netta, facile o leggibile.

Ha vinto il realismo dei pratesi. Di quelli che da generazioni badano al sodo, di quelli che ogni giorno faticano guardando avanti e che alla fine scelgono sempre quello che può dar loro più possibilità, più speranze, e anche quello che gli assomiglia di più.

Hanno vinto i "nemici" di Salvini. Di qualunque orientamento politico siano a Prato. La rielezione di Matteo Biffoni è una grande pernacchia al capitano che passa il tempo a prendersela con gli altri senza combinare altro.

Ha vinto il centrosinistra, che a dieci anni di distanza dal tonfo contro Cenni ha dimostrato in un caso analogo di essere tornato non solo compatto ma di essere di nuovo sceso in strada, tra le persone e insieme alle persone. E' probabilmente questo il vero capitale da non sperperare nei prossimi anni.

Ha vinto Matteo Biffoni, che sembra aver dismesso certi panni giovanili per presentarsi finalmente come una guida umile ma dinamica al caos cittadino, forte delle prospettive tratteggiate dall'assessore all'urbanistica Barberis e di un messaggio semplice quanto efficace: "Prato è questa, nessuna bacchetta magica: c'è da faticare e noi vogliamo farlo tutti insieme". Che sulla fatica del lavoro e sulla comprensione dei problemi si basi il prossimo mandato è il migliore augurio che possiamo fargli.

Ha vinto la comunicazione fatta bene, e non è cosa da poco nell'Italia di oggi. Nel caso pratese, quella non gridata che si batte contro le schiere dei rancorosi sui social. Quella fatta casa per casa che risponde ai post killer sponsorizzati, al becerume da bar di terz'ordine, alla violenza al limite della diffamazione online. Al tempo di Salvini, Biffoni ha vinto con un messaggio che unisce e non divide, che si apre al mondo invece di barricarsi in casa e che guarda dritto in faccia l'Europa con orgoglio, senza sentirsi inferiore. Un plauso doveroso anche all'agenzia Momentum, che a Prato ha messo a segno la terza vittoria dopo quella di Cenni (2009) e di Silli (2018).

Ha vinto però anche l'astensionismo, perché il ballottaggio del 9 giugno sancisce ancora una volta che a votare si presentano sempre meno persone. E che sono queste migliaia di persone ( solo il 56% dei pratesi aventi diritto ha votato ndr) quelle da ascoltare con maggiore attenzione nei prossimi anni.

Ha vinto uno stuolo di nuovi consiglieri comunali alla prima esperienza. Un ricambio generazionale vero e proprio è alle porte e l'augurio che possiamo fare loro è che abbiano la voglia e la forza di contribuire concretamente alla crescita della città. Anche e soprattutto quelli seduti sui seggi dell'opposizione.    

Hanno vinto anche la comunità cinese e quella rumena: un risultato di cui tutti gli abitanti della città dovrebbero andare fieri. L'elezione in consiglio comunale di Marco Wong e Teresa Lin (centrosinistra) da una parte e di Claudio Stanasel (Lega) dall'altra sono due prime volte, e la speranza è che possano davvero trasformarsi in ponti di rappresentanza tra il governo cittadino e le due comunità più numerose di Prato.

Ha vinto Claudio Belgiorno, il consigliere di centrodestra più votato a Prato e in Toscana. Ha vinto da outsider, con un partito (Fratelli d'Italia) che un giorno lo liscia e l'altro cerca di metterlo da parte. Eppure per vincere ha fatto una cosa molto semplice, anche se faticosa: è sceso in strada, ha ascoltato, ha cercato di fare qualcosa.  E soprattutto ha cominciato a farlo ben prima della campagna elettorale. Cosa che forse dovrebbe far riflettere tutti i suoi compagni d'area.

Ha vinto pure il M5S, che sparito dal cuore dei pratesi (e non solo dei pratesi), si prende nonostante tutto due seggi in consiglio comunale parando di rimbalzo il colpo (tre i consiglieri in precedenza ndr). Che sappiano contribuire in modo costruttivo all'opposizione è il migliore augurio che possiamo far loro.

Daniele Spada

Ha perso Daniele Spada, un amabile e ironico funzionario di Confcommercio che rientrando in politica - da 15 anni ne mancava - si è trasformato nel candidato aggressivo e livoroso della destra a trazione leghista; in una figura forse troppo lontana da quella conosciuta pubblicamente fino a quel momento, e ancora troppo anonima per tutti quelli che non la conoscevano. Soprattutto, però, è stato un candidato incapace di portare in campagna elettorale idee ponderate e concrete e di accompagnarle con quella passione e quella convinzione necessarie a sostenerle. Probabilmente davvero, se la sua campagna elettorale fosse cominciata prima, la battaglia sarebbe stata ancora più agguerrita e incerta.  Adesso però si apre un'altra partita, a lui forse più congeniale, e qualcuno se n'è già accorto: quella della mediazione tra i partiti di centrodestra e della lenta, faticosa ricostruzione del consenso attraverso l'opposizione. Vedremo adesso se prenderà la tessera della Lega oppure se deciderà di opporsi ai rigidi incasellamenti partitici giocando un civismo che a Prato sembra l'unica strada percorribile dalla destra cittadina e non solo. La nascita di una nuova era nel centrodestra pratese dipende, a conti fatti, soprattutto da questo.

Chi ha perso

Ha perso Matteo Salvini. Venuto due volte a Prato per professare la rivoluzione leghista, ha creduto probabilmente che sarebbero bastati l'ipotesi di un karaoke, un centinaio di selfie e i soliti concetti spazzapaure per convincere i pratesi. No. La maggioranza dei pratesi andati a votare non c'è cascata.

Ha perso il centrodestra, è ovvio. E questo nonostante il partito di Salvini abbia raggiunto lo stesso un obiettivo lusinghiero come il predominio numerico nell'opposizione per i prossimi cinque anni. Ma la frittata ormai è fatta. Forza Italia, in disgregazione, ha ritenuto più conveniente genuflettersi alla Lega piuttosto che assecondare l'istinto di una corsa solitaria, e magari forzatamente civica, dal risultato per nulla scontato. Non sta meglio Fratelli d'Italia, che come unico rappresentante ha proprio quel Claudio Belgiorno che ha osteggiato per mesi. Insomma, c'è solo la Lega nel centrodestra, e chi ha fatto in tempo a salire sul carro verde, soprattutto ex esponenti di Forza Italia, adesso se la gode.

Ha perso Aldo Milone, figura storica della politica pratese, che questa volta non è riuscito ad entrare in consiglio comunale. La proposta di "Prato Libera e Sicura" invece di strutturarsi è andata assottigliandosi nel corso degli anni. Troppo poco, a questo giro, per i pratesi.

Ha perso Facebook. E non è cosa da poco negli anni dei populismi propagati a suon di like, condivisioni e bava alla bocca. Nella prima campagna elettorale giocata davvero sui social, a Prato si sono confrontate due fazioni ben distinte: quella del tutto nero, tutto uno schifo e solo rabbia e quella diametralmente opposta, che non reagisce agli umori e ai timori con la rabbia ma li affronta con determinazione.

A Prato la paura e la solitudine sono state sconfitte con un messaggio di unità, condivisione e vicinanza che da sempre sono le armi migliori della sinistra italiana, anche se si fatica a ricordarlo.

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