Giulia, 25 anni, Educatrice per minori, Figlia, Madre e dal 10 aprile scorso Moglie.
Vi chiederete perché ho messo le maiuscole ad ogni apposizione: semplici personificazioni.
Ogni giorno esco di casa per raggiungere il centro protetto per minori vittime di violenza dove lavoro. Sono un’Educatrice, si annienta la mia persona qui e subentrano tutte le attenzioni quasi asettiche che questo periodo impone. Entro in struttura, mi aggiorno e prima di ogni contatto, anche visivo, inizia la “Vestizione”. Cambio vestiti, indosso la mascherina ed i guanti, e mi avvolgo con un goffo camice verde che mi fa sembrare appena uscita da una sala parto. Il contatto con i minori non è più avvolgente, amico e materno. La distanza forzata sembra quasi una barriera, quando prima una pacca sulla spalla, una spazzolata alla cresta o un saluto stile gangster potevano bastare a trasformare una brutta giornata con un sorriso.
La paura del contagio è forte. Loro sono “gli estranei, presi dalla strada” ma io sono quella che tutti i giorni fa 20 km, treno o macchina che sia, per raggiungerli e accudirli e accoglierli con il massimo della cretività. Lì, capisci che sei tu il canale pericoloso, perché al massimo loro scendono a fumare “un cicchino”.
Finito il turno, mi trasformo. Mi svesto e divento Figlia. I miei genitori mi hanno prestato la macchina perché non sempre ci sono i treni, macchina che risale al 1999, con le conseguenti problematiche di un’auto quasi d’epoca! Chiamata prima di partire, chiamata prima di arrivare, mamma mi ricorda di fare la famosa autocertificazione per gli spostamenti, ne avrò almeno trenta in borsa. Arrivo a Prato e la consegna delle chiavi diventa quasi il ballo del mattone: “Mamma mi raccomando, non ti muovere, le lascio qui e poi le prendi!”, “Perfetto, hai mangiato? Hai fame? Ha funzionato bene la macchina?” Ansia la fa da padrona perché sono sempre io il pericoloso tramite, contentissima di averli visti almeno per 5 minuti.
Ecco che mi trasformo in Mamma. A casa ho una cinquenne che mi aspetta a braccia aperte e che non posso abbracciare appena arrivo perché devo “sanificarmi”.
“Sarah,aspetta lì amore, mi lavo e ti bacio!”.
Qui prende il sopravvento quella creatività che mai avrei pensato di avere, giochi, attività, idee e canzoni che ormai erano nel dimenticatoio, accompagnate dalla tanto temuta chat di classe, di cui sono investita con il ruolo di rappresentante (ultima volta,lo giuro!). Vi dirò, funziona questa didattica a distanza, video amatoriali accompagnano le giornate dei nostri bimbi, alleviandoli dal dolore della solitudine e ricordando loro che non sono i soli ad essere soli, quindi siamo soli in compagnia!
La convivenza con il mio compagno non è mai stata così un banco di prova… l’amore esiste! L'obbligo a condividere sempre gli stessi ambienti ed incrociare le solite facce familiari può avere diversi feedback, il mio è super positivo. Torno a casa e trovo un pasto caldo sempre e una bimba lavata ed impigiamata. Ecco, ribaltamento dei ruoli! Ho imparato a conoscerlo ancora meglio e questo ci ha portarti a prendere una grande decisione.
Il 10 aprile 2020 ci siamo sposati! Vi chiederete come: in una realtà smart come quella in cui viviamo adesso, non poteva non mancare un matrimonio online! L’Imam intento nella celebrazione nella moschea a Brufut, in Gambia, la madre di Mustapha che riprende il tutto e fa da tramite, il simultaneo collegamento con tutta la mia famiglia ( Prato, Montale e Acireale) e il conseguente giuramento da parte nostra. Viva gli sposi!
Quarantena non ti temiamo! La paura è tanta, l’agitazione e l’ansia sono un condizionamento nella vita di tutti i giorni, aiutiamoci, restiamo a casa, solo così potrò sposarmi in Comune!
Giulia Valenzano