Mettiamola così: se il centrodestra avesse presentato una candidata capace di proporre una gestione credibile delle faccende regionali invece che una raffazzonata linea politica calata da Nord, per giunta imbevuta di anatemi sovranisti, probabilmente il 2020 sarebbe stato l'anno del passaggio a destra della Regione Toscana.

Come dicono tanti analisti, la Toscana ormai è contendibile, ma probabilmente e per fortuna lo è ancora solo a determinate condizioni. E visto che a un candidato per nulla brillante come Giani, e a un Pd incartato nei giochi di palazzo, è bastato sventolare il timore di una "regressione barbarica" – espressione cara a Tommaso Fattori (Toscana a Sinistra), vero sconfitto di questa tornata elettorale - per richiamare i toscani a un voto utile che assomiglia molto di più a un voto di coscienza, queste determinate condizioni non sono ancora del tutto in linea con gli strali lanciati dalla Lega nel 2020. Serve di più, serve qualcosa di molto più concreto e costruttivo per convincere la maggioranza dei toscani a cambiare guida.

Proprio per questo potrebbe essere un errore considerare il risultato del Partito Democratico (intorno al 35%) come il recupero o il mantenimento di un qualche tipo d'idillio. Andrebbe forse considerato come la rinnovata disponibilità verso un soggetto che sappia unire le molte anime simili ma non uguali del centrosinistra e come richiesta di un progetto capace di disegnare orizzonti davvero alternativi a quelli di una destra che nonostante la sconfitta torna sempre a rialzarsi più minacciosa di prima. Perché il ritorno al 40% del centrodestra in Toscana è il dato più significativo della tornata elettorale e anche un segnale preciso. La Lega è stata respinta, è vero, ma a conti fatti il centrosinistra sembra avere molto poco da festeggiare.

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