Quando, nella primavera del 2020, i media di tutto il mondo hanno cominciato ad usare il termine “pandemia” riferendosi al Covid-19, la mente è andata subito al passato, alle “grandi epidemie” che hanno flagellato l’Europa secoli fa. Non siamo, infatti, gli unici ad aver affrontato un periodo di grande emergenza sanitaria: questo pensiero ci ha fatto sentire vicini ai nostri lontani antenati e ha fatto sorgere in noi un gran desiderio di sapere come loro abbiano affrontato l’epidemia.
Un aspetto preminente in tal senso è stato sicuramente l’affidarsi a qualche santo protettore: preghiera e devozione nei confronti di chi, secondo la tradizione, poteva intercedere presso Dio per far cessare l’epidemia. Dal XIV al XVIII secolo l’Europa ha vissuto numerose ondate di peste; gli uomini e donne del tempo - pratesi compresi - si sono allora affidati a due Santi in particolare: Rocco e Sebastiano.
San Rocco, nato nel XIV secolo, ha vissuto sulla propria pelle i dolori del morbo contraendo la peste a seguito della sua decisione di soccorrere i contagiati anziché scappare dai luoghi ammorbati e tra i suoi primi miracoli si ricorda la guarigione degli appestati con il solo tocco taumaturgico. San Sebastiano, invece, è anch’egli collegato alla guarigione dalla peste ma per via indiretta e bizzarra; egli infatti non ne fu contagiato e non affrontò alcuna epidemia.
Nato nel III secolo e divenuto alto ufficiale dell’esercito imperiale, convertì molti al cristinesimo e venne per questo condannato a morte. Poiché la sua doveva essere una condanna esemplare, si decise di crivellare il suo corpo di frecce. Essendo sopravvissuto al primo martirio, venne nuovamente condannato ed ucciso il 20 gennaio: giorno ancora oggi scelto dai fedeli per ricordarlo. San Sebastiano, quindi, non ha nulla a che vedere con la peste ma poiché nell’immaginario medievale i flagelli erano vissuti come castighi divini, e quindi descritti come frecce punitive scagliate da Dio sulla città, chi meglio di Sebastiano poteva capire tale sofferenza e insegnare come sopportarne il dolore?
A Prato esiste, dal XV secolo, la Compagnia di San Sebastiano, la cui sede è un piccolo oratorio costruito per volere della famiglia Bizzocchi su piazza San Domenico. All’interno dell’oratrio è conservata un’interessante tavola, dipinta intorno al 1530 da Fra Paolino del Signoraccio (allievo di Fra Bartolomeo), con la Madonna e San Giovanni Battista che intercedono presso Cristo, insieme ai
santi Sebastiano e Rocco, per la fine della pestilenza a Prato.
In primo piano, sulla destra, si riconosce bene San Rocco, vestito da pellegrino
mostra la piaga sulla coscia dovuta alla peste, accanto a lui Sebastiano: le mani giunte in preghiera, la spalla e il braccio trafitti da frecce. I due si rivolgono in alto ad un Cristo che se ne sta sulle nuvole e non a caso ha in mano un fascio di frecce: è pronto a scagliarle sulla città che sta sotto di lui, ma l’accorato appello dei Santi lo convincerà a non farlo.
La curiosità di questo dipinto sta anche nella bellissima veduta di Prato che il pittore ci regala: un’istantanea dal 1530 della nostra città racchiusa nelle mura trecentesche, dalle quali emergono i principali edifici cittadini (si noti in particolare il palazzo Pretorio con la torre angolare crollata nel 1532), gli accampamenti sul greto del Bisenzio e la chiesa di Sant’Anna in Giolica a destra (dietro San Rocco), utilizzata al tempo come lazzeretto.
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