C’è stato un tempo in cui la Val di Bisenzio è stata la culla del tessile: da Vaiano a Vernio centinaia di fabbriche piccole e grandi sorsero lungo il fiume permettendo al distretto pratese di svilupparsi ancora di più. Ma usare il passato è d’obbligo: l’abbandono degli spazi industriali è ormai un problema all’ordine del giorno e questa parte di territorio è quella che sta soffrendo di più il ridimensionamento che ha colpito il tessile. Succede qui come è successo in molte altre aree produttive anche del nord Italia: la manifattura arretra e lascia dietro di sé il vuoto. Quando uno spazio industriale viene abbandonato non solo si creano situazioni di degrado ma si corrono anche dei rischi per la mancata manutenzione. E poi un’area che non offre opportunità di lavoro perde anche di attrattività. Tra Vaiano e Vernio, seguendo il corso del Bisenzio e guardando l’area dall’alto, si vedono già segnali evidenti di questo fenomeno: tetti frantumati, piazzali abbandonati. In questo contesto anche gli immobili perdono di valore: nella zona di Vaiano i capannoni, anche quelli ristrutturati, costano intorno agli 800 euro al metro quadrato. Salendo verso Vernio i prezzi scendono ancora. «Nella zona tra Carmignanello e Il Fabbro ci aggiriamo intorno ai 250/300 euro - commenta il sindaco di Cantagallo Guglielmo Bongiorno - ma questo può essere un fattore attrattivo per le nuove imprese. Infatti abbiamo già alcuni giovani che hanno deciso di aprire qui la propria attività e stiamo studiando delle misure per lavorare in questa direzione». Il modello è quello del Comune di Montemurlo, che in pochi anni è riuscito a rendere una zona industriale che sembrava prossima all’abbandono un fiore all’occhiello, una zona che adesso è satura e popolata da imprese di alto livello. Ma Montemurlo non deve fare i conti con una viabilità sfortunata come quella della Val di Bisenzio: sono i collegamenti il più grande handicap per il territorio. Eppure ci sono aziende di eccellenza che in vallata riescono a operare e a mantenere la propria posizione di leadership: ad esempio a Ponte di Colle ci sono la Beste e il Gruppo Colle, che fatturano milioni di euro e spediscono le merci in tutto il mondo. Si tratta di realtà particolari, aziende che al loro interno hanno un ciclo di lavorazione completo e per le quali le integrazioni con il resto del distretto sono limitate. Diversa è la situazione per quelle imprese che per sviluppare il prodotto finito hanno la necessità di fare tanti passaggi in aziende differenti. La transumanza dalla vallata è difficile da gestire quando tutti i giorni si devono fare i conti con la SR 325. Ma non è solo un problema logistico. L’altro grande ostacolo al rilancio delle aree industriali del territorio è infatti legato al ricambio generazionale: in quest’area operano diversi imprenditori che sono vicini all’età della pensione e non trovano giovani ai quali cedere il testimone. Così l’unica strada è la chiusura.
I dati della Camera di Commercio di Prato confermano la tendenza: nel 2018 rispetto al 2017 le imprese tessili sono diminuite del 2,2% a Vaiano, del 3,2% a Cantagallo e del 4,2% a Vernio. Dati poco incoraggianti, che seguono il trend negativo degli ultimi anni. L’altro grosso rischio è che con la perdita progressiva delle attività industriali, Vaiano e le frazioni che si trovano lungo la valle diventino un dormitorio per persone che alla fine trascorrono la loro giornata altrove, impoverendo così il tessuto economico e sociale del territorio. Soprattutto a Vaiano la tendenza a trasformare in spazi residenziali le ex fabbriche è già molto accentuata. Negli ultimi anni sono state fatte diverse lottizzazioni di questo tipo, anche nella zona de La Briglia, la frazione più popolosa del Comune dopo il capoluogo. Anche nella zona di Gabolana, tradizionalmente la zona industriale di Vaiano, si stanno progettando interventi misti, che integrino residenziale e industriale. Un mix che può anche creare un nuovo modello abitativo e sul quale il Comune sta investendo molte energie. Sono stati fatti gruppi di confronto con i cittadini, sono state coinvolte Università, ma il rebus della Val di Bisenzio resta: l’industria se ne va e alla fine cosa resta? Nel nuovo piano operativo ci sono delle idee, che puntano molto sull’accoglienza e sul turismo. Stretta tra il Monteferrato e la Calvana, questa zona ha molto da offrire a chi cerca una vacanza lontana dalle solite mete.
C’è l’idea di creare un parco avventura lungo la pista ciclabile, che potrebbe attrarre famiglie, ma non solo. E poi ci sono delle proposte per la valorizzazione delle fabbriche storiche, che dovranno cambiare destinazione: alla Cartaia, in uno spazio che ha già dimostrato di avere delle potenzialità attrattive, dovrebbe essere realizzata una struttura di supporto al Parco del Bisenzio. Invece all’ex Lanificio Ciabatti è prevista la realizzazione di un centro benessere con spazi espositivi e per l’accoglienza. Nuova vita anche per lo stabilimento dell’ex Rivatex, l’azienda industriale chiusa più di 15 anni fa, che negli anni ha fatto molto parlare di sé. I capannoni, collocati a Moschignano, si estendono su una superficie di 9 mila metri quadrati ed erano stati acquistati all’asta da Terna per 100 euro al metro quadrato. L’obiettivo dell’azienda era di realizzare una stazione elettrica, che però i cittadini e l’amministrazione hanno osteggiato fin dall’inizio. Una protesta che alla fine ha fatto desistere Terna, che ha deciso di rinunciare al progetto, comunicando che, con l’arrivo delle nuove tecnologie, non era più necessaria. Alla fine di maggio la ex Rivatex è passata di mano e adesso resta da capire quali sono i progetti della nuova proprietà. Gli spazi industriali storici cambiano pelle, insomma, ma il tessile in questo territorio è nel DNA delle persone e non può limitarsi a diventare una bella storia del passato da raccontare. Dalle crisi nascono anche nuove opportunità: non resta che aspettare di capire cosa si inventerà la Val di Bisenzio per ridare smalto al territorio.