È stato difficile risvegliarsi e scoprire che la quarantena l'avevo già vissuta e provata sulla mia pelle e che ha già attraversato e sconvolto la mia vita in passato.

Ero appena maggiorenne quando ancora dovevo progettare la mia vita, guardare, ascoltare e imparare tutte le cose belle e brutte della vita. Un giorno ti dicono: “Siete in pericolo, prendete il necessario e via, fino a data da destinarsi”.

Mi ricordo la corsa in macchina prima dell'alba, le cinque auto blindate che ci aspettavano sotto casa insieme alle scorte, di corsa, direzione aeroporto. Le auto viaggiavano come schegge nel silenzio assoluto, sentivo solo ansia e il rumore forte dei miei battiti che mi rimbombavano in testa. Il pensiero di lasciare i miei posti, la mia terra, tutto mi distruggeva e ho creduto di morire di dolore. Arrivammo in pista fin sotto l'aereo, uscimmo circondati da militari con il mitra per proteggerci, la gente ci osservava, eravamo stravolti.

Del breve viaggio in aereo non ricordo nulla, solo che arrivati a destinazione persi i sensi e mi risvegliai in una saletta in aeroporto riservata e con agenti in borghese che si presero cura di noi con rispetto e dolcezza, quello sì, quello me lo ricordo.

Oggi. Ci risiamo, mi dicono : “Chiudi il negozio, fai in fretta e chiuditi in casa, niente contatti fino a data da destinarsi. Andrà tutto bene”. Ansia, angoscia, paura, ti chiedi come e quando potrai rivedere qualcuno, il passato torna nuovamente come uno schiaffo che mi toglie il fiato. Questo virus mi ricorda la mia vita passata, quella che chiamo "l'altra vita", quella che mi hanno fatto abbandonare là.

Devi sopprimere la paura per chi ti sta accanto, non puoi programmare niente, non puoi salutare i tuoi cari che vanno via ed elaborare il lutto, non puoi dirgli grazie per come ti hanno cresciuto e per quanto ti hanno amata. “Non si può, è pericoloso”. Oggi, come allora, ancora una volta. Devi solo aspettare che tutto passi, che ti venga detto cosa potrai e cosa non potrai fare.

Eravamo costretti a stare in casa e nel primo periodo niente contatti con l'esterno, soprattutto con chiunque del tuo passato. Smisi di mangiare e dormire, restavo sul letto a pregare anche se non lo avevo mai fatto prima, ma almeno era un modo per non pensare, probabilmente. Dopo qualche tempo ricominciai ad uscire con le dovute cautele e con i tranquillanti con me. Mi dicevano: "Non dire chi sei, non incrociate lo sguardo con nessuno, fai solo una passeggiata intorno a casa”, la facevo, ma con la voglia di rientrare, troppa la paura, troppa l'ansia. Fingere di essere qualcuno che non ero, proprio io che non riuscivo a mentire neanche agli estranei e oltretutto il mio accento siculo incuriosiva la gente intorno a me, anche solo la domanda lecita “non sei di qua da dove arrivi?” mi faceva tremare.

Ho dovuto rinunciare alla mia identità lasciando in sospeso quella giovane persona di appena diciotto anni che aveva una vita normale, un amore che mi faceva battere il cuore e che non ho più rivisto da un giorno all'altro, senza una parola, senza una spiegazione. Quando chiudo gli occhi quella parte di me è sempre lì, sotto il sole della Sicilia e ha continuato a fare la sua vita e adesso me la immagino felice.

Ho ripreso in mano la mia vita, sono genitore, ho un lavoro e i miei affetti, adesso ho quarantasei anni, ma è come se ne avessi vissuti solo ventotto, perché gli altri che mi portarono via non sono più miei. E oggi sono felice a tratti, come tutti e con un bagaglio pesante da portare, come tanti.

Questo virus è come la Mafia che tanti anni fa mi ha rubato parte della mia vita e l'ha devastata togliendomi la libertà, allontanandomi da tutti, per il mio bene, per la mia incolumità. Ieri non potevo combattere la mafia, così come oggi non posso combattere il virus, ma lui passerà e troveranno il vaccino, ma la mafia no, quella continuerà il suo percorso come sempre, sembra non morire e si riproduce velocemente, non scompare, non scordiamocelo mai.

Pessimismo? Non lo chiamerei così, è che dopo, da grande, ho scoperto come si vive in quella terra che ho dovuto abbandonare e a quali patti devi scendere e quanti compromessi devi accettare, ma se ci nasci dentro no, non lo capisci, ti sembra tutto “normale”. Poi ho scoperto il pizzo e come funzionava, i ricatti, gli scambi di favore, le minacce e la paura della gente, ma l'ho dovuto studiare per capirlo.

Dopo la morte di Falcone e Borsellino qualcosa è cambiato, la gente non ci sta e denuncia, hanno preso coraggio e sono nate associazioni e i giovani sono forti e riescono a respingere gli attacchi e i compromessi. Ma io tutto questo non l'ho vissuto, nè il prima, né il dopo, perché eravamo in pericolo, perché dovevamo nasconderci da quel virus che adesso so che si può combattere. Ma c'è bisogno di uno Stato presente e onesto e che oggi, in questa nuova situazione, capisca che siamo tutti più fragili e poveri, letteralmente, e che il disagio e la povertà sono terreno fertile per la Mafia, perché sono sempre pronti ad offrire lavoro e denaro a costo della tua libertà, ma in un certo momento sapranno cosa chiedere in cambio e come, ma non saprai mai quando. Data da destinarsi.

Lettera firmata

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