A metà dello scorso mese di gennaio, alcuni articoli sull'apertura di un nuovo bar nel centro storico di Prato hanno scatenato le proteste del collettivo femminista "Non una di meno" di Firenze, che ha subito indetto una manifestazione per il prossimo 13 febbraio davanti al bar di via del Seminario. La protesta nasce perché il titolare del bar è Marco Camuffo, un ex carabiniere condannato in appello per lo stupro di una studentessa americana nel 2017.
Si legge nella presentazione del presidio "A me ci pensano le mie amiche. Basta silenzio! Lo stupro non si assolve!": "Per giornali e TV locali la notizia è che il bar era a conduzione cinese e adesso torna a conduzione italiana (poco importa se a condurlo è uno stupratore). I media riportano da una parte una narrazione ferocemente razzista che vede nel passaporto dei gestori un valore di merito o di demerito (a seconda del colore del passaporto) e una narrazione vittimistica del povero signor Camuffo che da bravo self made man riparte da protagonista dopo un inciampo della vita. Ricordiamo che l’inciampo della vita in questo caso è l’aver stuprato una giovane donna facendosi forte del ruolo di pubblico ufficiale con pistola al cinturone. Ci dispiace molto dover dare questa comunicazione a TVPrato e simili ma NO - prosegue la presentazione - lo stupro non è una svista è una scelta. È scegliere di vedere le donne come oggetti da prendere e usare che lo vogliano o no. È una scelta continuare a dire che il rapporto era consenziente e che la donna in questione ha solo voluto alzare un polverone. È una scelta lagnarsi di quanto è triste essere stati allontanati dall’arma dei carabinieri, frase che sottende un truce “alla fine che ho fatto di male? Mi sono solo fatto una dopo una serata”. Ed è una scelta omettere o minimizzare tutto questo perché si ritiene più importante che i bar pratesi tornino ai bravi italiani e non agli sporchi cinesi. Che poi si sa evadono pure le tasse. E allora anche noi facciamo una scelta: basta silenzio".
Le reazioni
Le reazioni all'iniziativa non si sono fatte attendere. In primo momento alcune consigliere della maggioranza e dell'opposizione sono sembrate appoggiare la manifestazione ma hanno specificato poco dopo che non avrebbero partecipato ad un presidio giustizialista. Di giustizialismo parlano anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni, «È giusto che saldi il conto con la giustizia ma dobbiamo ricordarci di dire sì alla giustizia e no al giustizialismo», e soprattutto la Camera penale, che ricordando come in Italia la presunzione di non colpevolezza accompagni l'imputato fino al giudizio finale, precisa che «La giustizia non si esercita in piazza con i forconi, bensì nelle sedi proprie, ma il fatto che le forze dell’ordine, nelle ultime ore, stiano allestendo presidi per prevenire azioni di eventuali autoproclamatisi giustizieri la dice tutta su quanto si rischi di andare oltre, quando si smarriscono certi punti di riferimento».
Si concentra invece sulla narrazione fatta dai giornali (ne abbiamo parlato in "Per un'altra narrazione della violenza di genere") la lettera aperta "Violenza di genere e informazione" firmata da Centro antiviolenza La Nara (Alice cooperativa sociale), Intersezioni Prato e il Coordinamento donne Cgil e Spi Cgil Prato (più un lungo elenco di adesioni), nella quale si invitano gli operatori dell'informazione a fare fronte comune per una narrazione sulla violenza di genere improntata su principi di giustizia, contrasto, prevenzione e rispetto delle vittime.
"Come realtà che da anni lavorano sul territorio per il sostegno e la tutela delle donne che subiscono violenza - si legge nella lettera - sentiamo il bisogno di condividere una riflessione circa la sistematicità della violenza e la sua matrice culturale. Siamo convinte, infatti, che il contrasto alla violenza sia possibile solo se convive con pratiche di prevenzione: raccontare lo stupro, il femminicidio, lo stalking, la violenza in generale per quello che sono, cioè manifestazioni di un sistema in cui le donne sono considerate subalterne, quando non oggetto di proprietà altrui. L’informazione ha un ruolo fondamentale nel formare l'opinione pubblica in merito a fenomeni sociali e nell'educare la cittadinanza, a maggior ragione nei sistemi democratici. Per questo motivo - prosegue la lettera - poniamo all'attenzione che troppo spesso si assiste alla scelta di utilizzare narrazioni che possono portare a confondere il ruolo della vittima e quello del carnefice. Pensiamo che ci sia una responsabilità sociale e civile dell’informazione e dei suoi operatori. La perpetuazione della violenza può essere ostacolata dalla diffusione di consapevolezza riguardo a questo grave fenomeno, ancor più centrali risultano cura e consapevolezza per un linguaggio attento quando si trattano argomenti tanto delicati quanto importanti. [...] Una informazione adeguata e frutto di una formazione approfondita può favorire la diffusione di consapevolezza, in un contesto sociale in cui la colpevolizzazione delle vittime è un fenomeno ancora troppo diffuso. L’invito che rivolgiamo agli operatori dell’informazione è ad un impegno comune, affinchè tutte le narrazioni sulla violenza di genere si ispirino a principi di giustizia, contrasto, prevenzione e rispetto delle vittime, l’informazione ha un grande ruolo nel contribuire all’eliminazione delle radici culturali della violenza di genere.
Alla lettera aperta si sono poi aggiunte le parole di Teresa Gori dei Giovani Democratici, di Luana Bracone della Conferenza Donne democratiche e di Giulia Giraudo dell'associazione Futura, che hanno sottilineato le responsabilità della politica nel contrasto alla violenza di genere.
"Si prevede che una persona sotto processo per violenza di genere possa esercitare al pubblico e lavorare con colleghe e clienti senza aver prima ricevuto una riabilitazione di carattere rieducativo, anche se come misura preventiva - ha detto Giulia Giraudo - i percorsi di riabilitazione avvengono dopo la pena, ma sotto processo si è liberi di lavorare, ed è necessario dotarsi di misure cautelari e preventive efficaci". "Riteniamo necessario prevedere strumenti di formazione e sensibilizzazione su stupro e violenza di genere nei percorsi d'insegnamento delle Forze dell'ordine, per troncare possibili atteggiamenti di complicità come quelli del caso fiorentino, e per favorire un approccio adeguato a eventuali dinamiche di violenza. È importante rafforzare le azioni già intraprese in questo senso, tra cui quelle previste dal Protocollo d'intesa Provinciale tra enti istituzionali, tra cui le Forze dell'ordine, per una rete a sostegno e protezione per il contrasto alla violenza" ha spiegato invece Bracone. "A questo - ha concluso Gori, responsabile politiche di genere dei Giovani Dem - si aggiunge l'esigenza di riprendere e allargare il lavoro della Commissione Regionale pari opportunità sulla sensibilizzazione degli operatori dei mass media. Partendo da questi punti, e dal già avviato percorso per un'educazione all'affettività e alla parità genere a scuola, lavoreremo a delle soluzioni condivise, perché la politica ha il dovere di condannare, ma anche di intervenire sul sistema che produce e riproduce la cultura dello stupro, smantellandolo con strumenti adeguati che nascono dal dialogo con le realtà impegnate nel contrasto alla violenza di genere in ogni sua forma".
Le streghe a caccia
Ma non è finita qui. In una nota dell'11 febbraio l'associazione "Non una di meno" conferma il presidio e senza cedere di un passo rimanda al mittente le accuse di giustizialismo e denuncia ancora una volta la narrazione tossica fatta dai media sull'intera vicenda.
"Crediamo che denunciare la narrazione tossica dello stupro e l’utilizzo di tale atto come mezzo propagandistico per la propria attività sia un doveroso e necessario mezzo di cambiamento che abbiamo a disposizione se non vogliamo continuare ad essere vittime di tali violenze", si legge nella nota inviata ai giornali. "Ci colpiscono le tardive dichiarazioni del sindaco Biffoni che non condannano quanto detto da Camuffo, nonostante due gradi di giudizio lo riconoscano come stupratore, ma esprimono perplessità sulla nostra presa di parola come se il suddetto Camuffo avesse in qualche modo saldato il suo conto non si capisce bene quando. Ci colpisce anche come differenti consigliere (decisamente meno pavide
nell'identificare il problema, a differenza di Biffoni) abbiano avuto bisogno che si aprisse il caso mediatico prima di condannare la violenza di genere senza, però, porre l’accento sulle risposte che chi ricopre ruoli istituzionali potrebbe dare concretamente: maggiori finanziamenti a CAV e Consultori, solo per citarne alcune. Certo è che avremmo “alzato” meno la voce se i media locali non avessero
abusato di una retorica tanto tossica e strisciantemente razzista facendo passare Camuffo per un rispettabile imprenditore pratese che si fa spazio in un mondo del commercio in mano alla comunità cinese. Su queste testate il fatto che abbia stuprato (indossando una divisa) diventa un errore di percorso".
"Noi sabato saremo davanti al Pancaffè perché troviamo necessario e doveroso rompere la narrazione della vittima sola e silenziosa - conclude la nota - La scelta di mettere sotto scorta il bar in questione non è data da un generico timore per le nostre pratiche bensì da un chiaro timore per la nostra voce. Se si teme il nostro grido altissimo e feroce non è solo perché è per tutte quelle donne che più non hanno voce ma, soprattutto, perché è per tutte quelle donne che nella forza collettiva potrebbero trovare e usare la propria voce per rompere dinamiche di sopraffazione e violenza. Si parla di caccia alle streghe ma stavolta sono le streghe a cacciare".