«Questa città ha bisogno di amore, di essere accompagnata con amore. Ci sono dei problemi, certo, ma non ci rendiamo conto che c’è una storia da continuare a scrivere e tante altre già scritte che devono essere raccontate».
Il senso del lungo discorso con cui lunedì sera (7 gennaio) Matteo Biffoni, in un Metastasio tutto esaurito, ha presentato ufficialmente la propria ricandidatura a sindaco sta tutto tra quell’amore e quel racconto, tra il senso d’appartenenza generato dal primo e il significato anche politico del secondo, che il nuovo slogan “Prato, una città che cresce” cerca di riassumere e semplificare lontano dalle bandiere del PD.
Non è un caso, forse, l’esordio in cui rispedisce al mittente la definizione “one man show” con cui i giornali hanno additato la serata nei giorni scorsi. «Non è vero che questo è uno one man show, siamo un’enorme comunità», dice alla platea. E a dimostrarlo tutta la prima parte del monologo, incentrata sulla rivendicazione delle emozioni collettive e personali vissute negli ultimi cinque anni. Dal lavoro di ricostruzione delle mura di San Niccolò che ha coinvolto «noi, tante associazioni e privati cittadini» dopo il 5 marzo 2015, alla nascita dei due figli con doveroso ringraziamento ai nonni, «a tutti i nonni»; dal primato del progetto “autism friendly” al “dopo di noi” in arrivo, passando per le unioni civili, i percorsi sui diritti delle donne, il Papa, gli alunni delle scuole pratesi e il tentativo di incontrare quanta più gente possibile.
«Non ci è venuto tutto bene, non siamo stati sempre bravi», dirà più avanti dopo aver raccontato una dozzina di slide piene di numeri, la base intorno alla quale, sul finale, chiamerà a stringersi «la comunità che ha coraggio, la comunità di chi ama questa città».
Il lungo elenco delle cifre investite non è solo la rivendicazione delle cose fatte ma i pilastri di un progetto attraverso il quale «parlare in maniera efficace di futuro» , la prima parte di un «percorso che dobbiamo continuare a portare avanti tutti insieme».
106 milioni per la riqualificazione urbana (il parco urbano, Chinatown, le piazze rimesse a nuovo, il sottopasso del Soccorso, «un percorso irreversibile per il più grande investimento della città»). 18 milioni per il primo polo oncologico della città. 4 milioni per l’innovazione e le imprese: da Manifatture Digitali ai «9mila controlli nelle aziende, perché qui, dove il lavoro è una religione laica, tutti sono benvenuti se rispettano le regole». Zero euro si occupazione di suolo pubblico. 30 milioni per la cultura e il turismo, «perché il turismo non potrà mai sostituire il manifatturiero ma lasciatemelo dire, se aumentano le persone che parlano bene della città, aumentano anche le vendite di pezze». 107 milioni per l’istruzione. 165 milioni nel sociale, «Se hai bisogno, a Prato trovi un letto, un pasto, una doccia calda, grazie anche alle nostre associazioni di volontariato». 75 km di ciclabili: «Dalle ciclabili sul Bisenzio, una grande intuizione di Mattei, adesso abbiamo cominciato ad aggredire le grandi arterie di comunicazione perché dobbiamo decongestionare la città. Quando ci sono i cantieri c’è casino, lo so, offendetemi pure, ma non si possono fare tutti d’agosto o di notte». 30 aree verdi e 200 0 nuovi alberi («Alcuni è stato necessario tagliarli, è vero, quelli nuovi sono un investimento per il futuro»). 221 milioni per la tutela del territorio e 14 milioni per lo sport.
In un’ora abbondante di monologo, Biffoni riesce ad evitare ogni riferimento diretto ai propri avversari politici locali e nazionali ma tra le righe affronta il tema che tiene banco sui giornali, quello della sicurezza. «Non dirò che questo è il mestiere più bello del mondo, no. Però è un ruolo e una missione che ti permettono di cambiare le cose. Per esempio: i giardini della Passerella. Mi ricordo un incontro, poco dopo l’elezione, e le infamate che mi presi. Erano persone esasperate da una situazione insopportabile (il giardino era frequentato da spacciatori e tossicodipendenti, ndr). Non è certo tutto a posto ma adesso è completamente diverso, grazie anche alla collaborazione del consorzio di piazza Ciardi o delle mamme del Campino (non cita l’associazione Recuperiamoci, ndr). Perché, e Sant’Orsola è un altro esempio concreto, non esiste migliore telecamera delle persone che frequentano un luogo».