Perché leggere "Il colibrì" di Sandro Veronesi
Di Simone Martelli
Leggere è un’azione che richiede un certo impegno. Per quanto si stia vivendo un’epoca in cui non si è mai scritto e letto tanto, parliamo di micro testi e micro letture: messaggi di whatsapp, status su un social network, al massimo un sms o il post di un blog. Questo tipo di lettura e di scrittura ci rende schiavi del tempo, dell’immediatezza, ci porta a pensare di dover rispondere, cliccare, mettere like e condividere subito. Come se non avessimo più tempo. E quindi leggere un libro, o una rivista, è un’azione che finiamo per ponderare: deve valerne la pena. Il Colibrì di Sandro Veronesi ci prende per mano dalla prima frase. Il suo tono è suadente, amichevole e ci trascina subito dentro la vita di Marco Carrera, un rispettato medico che vede stravolta la propria vita.
Ma la storia di quest’oculista è sempre stata tutt’altro che tranquilla e lo scopriamo pian piano, saltando da un'epoca all'altra in modo non lineare. Siamo al mare durante la sua infanzia, poi nella casa dei genitori ormai morti, poi di nuovo indietro alla sua adolescenza e così via. Veniamo presi in un turbine di dolori, di felicità, di strazi e ripensamenti fino all’epilogo che poi è l’epilogo che aspetta tutti. In una frase, il libro di Sandro Veronesi ci restituisce il senso di una vita intera. Che vuol dire? Significa che Marco Carrera è un uomo che resiste. Resiste alle delusioni, agli amori mancati, alle amicizie tradite, alle tragedie, al dolore della perdita, ai propri genitori così umani e infelici da aver condizionato, come fa ogni genitore, la vita dei propri figli.
Marco Carrera è un eroe perché resiste. Lui stesso a un certo punto dice che sì, in effetti, ha una visione eroica della vita. Si deve resistere. E lui resiste. E vive. Se devo trovare un senso all’onda di emozioni che mi hanno via via travolto, è questo: non dobbiamo sforzarci di scansare il dolore. Non dobbiamo avere paura di soffrire, non possiamo evitarlo, però possiamo decidere come affrontarlo. Marco Carrera sceglie di non mollare, di andare avanti, trovando sempre la spinta a vivere e ricevendo indietro delle piccole e grandi ricompense. Marco Carrera affronta la sua vita e decide di viverla.
Cosa deve avere un libro per essere bello? E cosa s'intende quando usiamo questa espressione, “bello”? È chiaro che siamo nel campo del soggettivo, e non mi riferisco semplicemente ai gusti di ciascuno ma anche al contesto: quanti libri leggiamo? Leggiamo dei romanzi oppure della saggistica o della manualistica? Leggiamo la sera per addormentarci meglio, cercando di spostare più in là i pensieri che si accavallano nella nostra mente? O leggiamo in treno, o magari siamo quelli che son definiti “lettori forti” e leggiamo ovunque, in qualsiasi momento disponibile della giornata? Quindi che cos’è un “bel libro”? È una storia che ci cattura, una voce narrante che ci accompagna senza disturbare ma anzi ci avvolge, ci seduce e ci porta dove vuole. Un bel libro racconta una storia che finisce per essere anche un po’ la nostra storia. Un bel libro ci emoziona, è un luogo dove anche quando il contesto è ostile vogliamo tornare il prima possibile, e rivivere quei luoghi descritti, ad accompagnare i protagonisti lungo le loro storie. A questo punto potreste aver deciso che un libro dove si patisce “io non lo leggo, nemmeno dietro pagamento”.
In tal caso sbagliereste. Primo, perché la scrittura di questo libro è limpida e sicura, sostiene il lettore e lo fa letteralmente volare nel cuore degli eventi, senza pesantezza, senza nessuna concessione alla pornografia del dolore che tanto va di moda in questa nostra epoca così meschina. La scrittura di questo romanzo è acqua fresca in un giorno di piena estate, dalla prima all’ultima pagina. Secondo, perché conoscerete Marco Carrera e il suo mondo e vi posso assicurare che sorriderete, soffrirete, vi emozionerete e alla fine vorrete abbracciare Marco, fino alla fine. “Preghiamo per noi e per tutte le altre navi in mare”.